temperatura calcio bicarbonati nitriti pH magnesio solfati ferro conducibilità sodio cloruri ammoniaca durezza potassio nitrati manganese unità di misura
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· ALCUNI DEI NOSTRI LAVORI ·


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Amministrazione Comunale di Vibo Valentia

Studio geomorfologico per la valutazione del rischio di frana
nell’area interessata dal Contratto di Quartiere

Anno 2005

Fra gli interventi previsti dal Programma Sperimentale del Contratto di Quartiere, che l'Amministrazione Comunale di Vibo Valentia ha sottoscritto con varie figure pubbliche e private, sono compresi i lavori di “Nuova edificazione, recupero primario e recupero secondario” dell'edilizia sovvenzionata sperimentale.

Nell’area immediatamente a nord del Quartiere Affaccio il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) ha individuato, fra le altre, la frana distinta con la sigla VIBO13. L'area a rischio R4, ad essa associata, avrebbe reso impossibile, secondo le Norme di Attuazione, l’esecuzione di alcuni degli interventi previsti dal progetto.

Da un’attenta analisi dei vari elaborati prodotti dall’Autorità di Bacino Regionale, lo studio ha da subito evidenziato alcune importanti incongruenze, circa la reale portata del movimento franoso, ma si è tuttavia ritenuta necessaria una verifica della sua effettiva pericolosità.

La fase di approfondimento dello studio è stata imperniata sull'analisi geomorfica multitemporale basata su fotografie aeree relative ai voli del 1937, 1955, 1975, 1983, 1990 e 2002.

L'indice delle foto aeree mostra le varie stereocoppie, a differente scala nominale, che hanno permesso di ricostruire, nell’arco di ca. 65 anni, l'evoluzione geomorfologica del versante, seguendo le variazioni delle varie scarpate, dell'attività erosiva riconducibile al dilavamento delle acque di ruscellamento, e le modifiche antropiche conseguenti a lavori di scavo o all'accumulo di materiale di riporto.

L'ampio intervallo temporale coperto dalle fotografie aeree è stato possibile delineare con precisione i limiti dei principali corpi di frana individuati nell'area, e valutarne il loro stato di attività.

Per tutti i voli a disposizione, oltre alle stereocoppie, sono stati commissionati anche gli ingrandimenti ottici relativi all'area di studio, in maniera da ottenere per tutti una scala omogenea, pari all’incirca ad 1:3.800.

Al tavolo digitalizzatore, direttamente da tali ingrandimenti, è stato quindi rilevato il limite di valle della presunta frana, considerato coincidente con la scarpata di controripa della Strada Comunale Gallizzi, che in quel tratto, seguendo la naturale morfologia convessa del versante, compie un’ampia curva.

La deformazione fotografica degli elementi digitalizzati è stata corretta in automatico, proiettando nel sistema di riferimento Gauss Boaga quattro capisaldi di riferimento corrispondenti ad altrettanti fabbricati presenti su tutti i fotogrammi delle 6 levate aeree.

Le linee digitalizzate sono state quindi georeferenziate automaticamente, e rese direttamente sovrapponibili alla base cartografica di riferimento.

L'esperienza condotta ha dimostrato che, per ottenere la massima correzione possibile, è necessario ricercare punti di riferimento più vicino possibile alla zona d’interesse mentre, al contrario, ampliando eccessivamente l'area di sovrapposizione le deformazioni aumentano progressivamente fino a rendere inutilizzabile tale metodologia.

La bontà di questa sorta di rettifica automatica dipende infatti da vari fattori come, ad esempio, le differenti quote (e quindi differenti scale) di ripresa con conseguente differente distorsione delle immagini, o da limiti oggettivi come la diversa percezione della lineazione seguita, a causa di una differente inclinazione dell’angolo di ripresa, una differente illuminazione oppure, più semplicemente, una differente qualità dell’ingrandimento.

Nonostante tali limiti, il risultato finale si è rivelato più che soddisfacente e già da solo sufficiente a dimostrare la sostanziale stabilità dell’area perimetrata dal PAI come area in frana.

Pur sovrapponendosi solo parzialmente, le linee che rappresentano, nell'intero periodo considerato, la medesima scarpata, denotano infatti una straordinaria persistenza della sua morfologia, e quindi di quella della superficie topografica della presunta area in frana.

Ben altra evoluzione avrebbero infatti avuto tali elementi in un versante soggetto ad un movimento gravitativo che certamente avrebbe inarcato ulteriormente, o comunque modificato, il tracciato stradale sottostante.

All'analisi multitemporale dell’assetto geomorfologico da fotointerpretazione sono naturalmente seguiti i rilievi diretti sul terreno e una campagna di indagini in sito condotta con sondaggi geognostici e prospezioni sismiche a rifrazione.

Successivamente alle indagini in sito ed alle immancabili prove di laboratorio, è stato possibile effettuare le necessarie verifiche di stabilità di versante con riferimento alle sezioni stratigrafiche elaborate sulla base dei dati acquisiti.

Alle indagini condotte appositamente per lo studio in oggetto sono inoltre state affiancate quelle già effettuate per lo studio geologico geotecnico, sempre redatto dallo studio Terra & Acqua, per la progettazione definitiva ed esecutiva degli stessi interventi previsti dal programma sperimentale, consistiti, anche in quell'occasione, in sondaggi geognostici, prove di laboratorio, e prospezioni sismiche in foro.

Grazie agli inclinometri installati nei perfori dei sondaggi, l'area ritenuta della frana VIBO13 è stata monitorata per 22 mesi.

Nelle sue valutazioni finali lo studio è stato in grado di dimostrare come tutti gli elementi, erroneamente considerati come indizi di un movimento franoso in attività, fossero in realtà privi di alcun riscontro oggettivo o, quando accertati, ricadessero all’esterno dell’area perimetrata con la sigla VIBO13 ed in particolare:

  • i rilievi diretti sul terreno hanno dimostrato che nell’area perimetrata la superficie topografica non presenta tratti in contropendenza ne fratture di trazione dovute a cedimenti del terreno;
  • l’analisi geomorfica multitemporale, effettuata sia in stereoscopia che su ingrandimenti ottici, dimostra che dal 1937 ad oggi la morfologia della superficie topografica e della scarpata a monte della Strada Comunale Gallizzi è praticamente invariata, con ciò escludendo presunti lavori di profilatura;
  • non si ha conoscenza, neppure presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Vibo Valentia, di danni causati da movimenti franosi sulla Strada Comunale Gallizzi lungo il tratto in questione, e d’altro canto la scarpata di monte che delimita la sede stradale appare integra per tutto il suo sviluppo pur essendo priva di opere di contenimento;
  • gli unici interventi di consolidamento con terre armate riscontrati nella zona (ritenuti probanti dalla scheda di censimento), riguardano in realtà, all’esterno dell’area VIBO13, un recente intervento edificatorio nell’ambito del quale si è ritenuto opportuno effettuare lavori di sistemazione delle pertinenze del fabbricato (il giardino) per ottenere una serie di terrazzamenti in un’area in forte pendenza;
  • ulteriore elemento di riscontro, circa la stabilità dell’area VIBO13, deriva dalla semplice constatazione di come il fabbricato ubicato al centro della stessa, già presente sulle fotografie del 1937, fatte salve le naturali conseguenze del completo abbandono, si presenti perfettamente integro e privo di segni di cedimenti differenziali o rotazionali nella struttura dei muri perimetrali, pur essendo stato realizzato con una muratura mista di pietrame e laterizi di mediocre qualità;
  • la superficie topografica non presenta i caratteri propri che dovrebbero accompagnarsi a frane di questo tipo, come nicchie di distacco, rigonfiamenti nella zona d’accumulo o particolari lineazioni che ne definirebbero i fianchi;
  • nell’area delimitata non risultano presenti fenomeni di erosione accelerata o altri dissesti;
  • i sondaggi geognostici eseguiti all’interno del presunto corpo di frana hanno dimostrato come a non più di 2.00 m di profondità sia presente la roccia di base che, sebbene intensamente alterata, conserva inalterata struttura e tessitura originarie, mentre non sono stati rinvenuti livelli argillificati, livelli idrici o particolari livelli di discontinuità;
  • gli inclinometri installati in entrambi i fori dei sondaggi di cui sopra, in un periodo di ca. 22 mesi di osservazione, non hanno dato alcun segno di deformazione per una profondità di ben 36.00 m;
  • le verifiche di stabilità di pendio, eseguite con riferimento a 4 distinte sezioni tracciate attraverso l’area VIBO13, fra Viale dei Glicini e la S.C. Gallizzi, hanno dimostrato come, nello stato di fatto, sono da escludere potenziali dissesti.

frane ed aree a rischio definite dal PAI nel 2001 nuova perimetrazione proposta dallo studio ed approvata dall'ABR

La proposta conclusiva dello studio, ovvero la totale eliminazione della frana VIBO13, è stata approvata il 22.06.2006 con delibera n° 29 del Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino Regionale.


 

Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Vibo Valentia

Indagine idrogeologica fra i Torrenti Candrilli e Sant'Anna

Anno 2006

Nell'ambito del Progetto per il potenziamento della dotazione idrica dell’Agglomerato Industriale di Porto Salvo con il quale il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Vibo Valentia intende fare fronte alla crescente domanda di fornitura idrica da parte delle varie aziende, a seguito di varie ricerche dirette (trivellazioni) dall'esito negativo, è stata condotta una indagine idrogeologica finalizzata all’individuazione di siti idonei alla perforazione di nuovi pozzi.

Nell'area compresa fra i Torrenti Candrilli e Sant'Anna, ritenuta d’importanza strategica dal CSI, estesa circa 3.60 km² a monte degli abitati di Porto Salvo e Bivona, è stato studiato l'intero sistema idrogeologico sotterraneo ricostruendone le caratteristiche morfologiche, idrodinamiche, qualitative e quantitative articolando il lavoro in tre fasi ben precise:

  • Campagna freatimetrica con la misura in campo del livello statico della falda superficiale, dei principali parametri chimico fisici (temperatura, conducibilità elettrica e pH), ed il prelievo di campioni d’acqua da sottoporre ad analisi di laboratorio;
  • Elaborazioni preliminari dei dati di campagna e di laboratorio con la redazione di cartografie tematiche preliminari e la definizione di aree di approfondimento;
  • Elaborazione finale dei dati acquisiti e redazione delle cartografie di sintesi e della relazione descrittiva finale.

Per l’intera area che é stata, ed é in parte ancora oggi, oggetto di un intenso sfruttamento delle acque sotterranee con la realizzazione di numerosi pozzi che tuttavia, per gran parte, hanno manifestato problemi di efficienza e/o di qualità, non esistevano studi e/o ricerche rivolti alla definizione della reale consistenza delle risorse idriche sotterranee.

sezione

Le condizioni al contorno erano dunque tali da rendere lo studio un primo tentativo per arrivare a delineare i caratteri dell’intero acquifero per poter intraprendere azioni tese alla sua salvaguardia ed ad uno sfruttamento razionale.

L’area dell'indagine è stata delimitata, dopo un'analisi delle cartografie di base ed alcuni sopralluoghi, tenendo conto non solo del contesto territoriale d’interesse del CSI, ma di considerazioni idrogeologiche generali, con riferimento all’assetto stratigrafico-strutturale delle principali formazioni geologiche affioranti e sepolte, e dell’area d’influenza dei bacini idrografici afferenti ai due corsi d’acqua.

Il lavoro di campagna é consistito in una serie di misure e di prelievi di campioni, su una rete di ben 26 pozzi e 2 sorgenti, individuati in maniera tale da ottenere una copertura del territorio quanto più possibile omogenea.

Nel misurare i livelli statici, per i pozzi ad uso produttivo industriale, e quindi a pompaggio continuato, si è avuta l’accortezza di programmare l’arresto delle pompe con un anticipo di almeno 24 ore.

3D dtm piezometria isopache

Parallelamente alla campagna freatimetrica è stato effettuato il prelievo di campioni d’acqua per la determinazione, in laboratorio, dei principali ioni in soluzione, mentre direttamente in campo sono stati determinati i principali parametri fisici come temperatura, conducibilità elettrica e pH, mediante uno strumento multiparametrico portatile di elevata precisione.

Tutti i parametri fisico chimici rilevati sono stati oggetto di un'ampia serie di elaborazioni grafiche e cartografiche che hanno condotto ad una serie di valutazioni circa l’idrodinamica dell’acquifero e la qualità delle acque.

Mai come prima, in questo lavoro, abbiamo applicato il nostro GIS per modellare un acquifero, elaborando, con riferimento alla carta di base, tutti i dati e le informazioni raccolte per arrivare, con l'incrocio di vari tematismi, all’elaborato cartografico finale, ovvero la carta delle aree idonee alla ricerca.

Lo studio ha delineato un acquifero dal deflusso alquanto superficiale, che si svolgerebbe essenzialmente all’interno della copertura terrigena, lasciando alla roccia di base una semplice funzione di sostegno.

La geometria della tavola d'acqua superficiale evidenzia come il deflusso sia notevolmente influenzato da un pozzo ad uso idropotabile, in funzione h24, che esercita un forte richiamo sull'intera falda fino a determinare una vera e propria inversione su un'ampia area a valle.

Il GIS é risultato di particolare efficacia anche nell'elaborazione della carta delle isopache, che rappresenta la profondità di soggiacenza della superfice piezometrica rispetto alla superfice topografica. Una rappresentazione 3D mostra come essa sia stata ottenuta dalla sovrapposizione della carta piezometrica ad un dettagliato DTM.

Questa modellazione ha permesso di delineare le aree di risorgiva già note, per la presenza di sorgenti e di pozzi artesiani, e di individuarne altre completamente sconosciute (queste ultime eventualmente sfruttabili con opere di presa orizzontali). Allo stesso modo sono state definite le aree nelle quali la falda non gode di una sufficiente protezione.

Per il resto dello studio la Carta delle Isopache ha fornito uno dei parametri guida seguiti, insieme ad altri, nell’individuazione delle aree idonee alla perforazione, ovvero il grado di protezione offerto, con il loro spessore, dai terreni di copertura.

Le analisi di laboratorio hanno permesso di definire le acque studiate appartenenti ad una famiglia bicarbonato calcica (A), tuttavia diversi sono risultati i punti d’acqua con arricchimenti in altri elementi, via via legati evidentemente a specifici fattori.

Le carte degli elementi, che rappresentano le distribuzioni areali delle varie determinazioni chimico-fisiche, hanno consentito di correlare tali anomalie alle varie captazioni o ad altri fattori esterni (geolitologici, antropici etc.).

carta degli elementi

Per alcuni pozzi, elevati tenori di sodio e potassio, sono stati correlati con maggiori tempi di permanenza nella roccia metamorfica di base, mentre i caratteri contrapposti di altre captazioni sono con ogni probabilità da addurre ad un differente livello di attingimento.

In alcuni casi la concentrazione degli ioni cloro e ammonio superiore alla media, e comunque appena sopra i limiti consentiti (NH3) o a quelli raccomandati (Cl) è stata considerata indicativa di contaminazione organica, legata con ogni probabilità alla vicinanza del Torrente Candrilli.

Come per il Sant'Anna, anche in questo Torrente sono evidenti le tracce di inquinamento da scarichi fognari, mentre tracce di inquinamento batterico sono state rinvenute in una delle ultime perforazioni realizzate. La contaminazione avverrebbe per infiltrazione diretta dal sub-alveo.

diagramma di Piper

Una vera e propria anomalia è stata riscontrata in uno dei pozzi di misura, per il quale le carte di temperatura, pH e conducibilità lascerebbero pensare a cause naturali, legate alle litologie attraversate, ma le concentrazioni di quasi tutti i parametri chimici determinati lasciano invece supporre che al suo interno possano essere state sversate sostanze inquinanti.

Lo studio ha messo dunque alla luce tutti i limiti di un acquifero sovrasfruttato, benchè di limitate potenzialità, e soggetto a fenomeni di inquinamento legati con ogni probabilità ad alcune delle attività produttive presenti nell'area, ma anche alla presenza di pozzi diventati vere e proprie fonti di pericolo.

L'area si è quindi rivelata di scarso interesse per il CSI, sia per le limitate potenzialità, che per la scarsa qualità delle risorse idriche sotterranee. Allo stato attuale è stato abbandonato il programma di realizzare nuove perforazioni, mentre è al vaglio l'opportunità di estendere lo studio su ambiti adiacenti.


 

Amministrazione Comunale di Vibo Valentia

Recupero riqualificazione e messa in sicurezza
dell’area nei pressi del Castello di Vibo Valentia

Anno 2006

Lo studio per il “Recupero, riqualificazione e messa in sicurezza dell’area nei pressi del Castello di Vibo Valentia” ha visto un’approfondita fase preliminare di fotointerpretazione ed una altrettanto accurata fase di campagna durante la quale, data la particolare asperità dell’area, si è addirittura reso necessario l’impiego di attrezzature e tecniche di progressione speleo-alpinistica.

Per effettuare i necessari rilievi strutturali si è infatti disceso più volte l’intero versante effettuando, oltre alle consuete misurazioni, prelievi di campioni della roccia affiorante.

I dati raccolti lungo le varie scan-line sono stati trattati statisticamente, in modo da evidenziare l’organizzazione delle discontinuità in sistemi aventi caratteristiche geometriche ben definite mediante l'ausilio di stereonets e di rose diagrams.


rilievo strutturale in corda

I diversi joint set individuati, con la loro intersezione orientata a franapoggio ad angolo minore della parete, non solo individuano diedri di roccia il cui distacco per scivolamento è cinematicamente possibile, ma finiscono per isolare blocchi che possono dar luogo a crollo per semplice ribaltamento.

Il lavoro è quindi proseguito con l’elaborazione di un modello digitale del terreno sulla base del quale sono state operate le elaborazioni di routine per arrivare ad ottenere, tramite una serie di elaborati intermedi (litotecnica, geomorfologia, pendenze, uso del suolo), la carta della instabilità potenziale.

Lo stesso modello digitale del terreno è stato quindi al centro di una interessante fase di simulazione del fenomeno della caduta massi, che i rilevi strutturali hanno dimostrato essere il principale attore dell’evoluzione morfologica del versante in studio.

Una volta definita l’area sorgente ed i caratteri meccanici e strutturali dei potenziali blocchi, il modello digitale del terreno ha consentito una verifica tridimensionale delle loro possibili traiettorie, delle velocità, e delle loro altezze rispetto alla superficie topografica dell’intero versante.

Il software utilizzato è infatti in grado di simulare tre dei quattro stati del moto cui un masso, in caduta lungo un versante, può dare luogo:

  • la caduta libera (volo);
  • l’impatto (e il rimbalzo);
  • il rotolamento.

Le iterazioni di calcolo hanno tenuto conto della variabilità naturale dei parametri che controllano il fenomeno, ed in particolare la dissipazione della velocità (o dell’energia) durante gli urti e nelle fasi di rotolamento grazie a:

  • una descrizione delle caratteristiche granulometriche e tessiturali dei terreni sottostanti la zona di distacco;
  • una carta del coefficiente di attrito dinamico al rotolamento, per la simulazione della perdita di velocità durante le fasi di rotolio del masso (ottenuta tramite la riclassificazione della carta geomorfologica);
  • una carta dei coefficienti di restituzione, normale e tangenziale, all’urto per la simulazione della perdita di velocità al momento dell’impatto del blocco con il terreno (anch’essa desunta dalla riclassificazione della carta geomorfologica e stabiliti sulla base di informazioni reperite in letteratura).

L’area sorgente, estesa ca. 33.000 , è stata discretizzata in celle di 1.00 m di lato, e da ciascuna di esse è stato quindi simulato il distacco di 2 blocchi.

carta delle possibili traiettorie carta delle massime velocità carta delle massime altezze da terra

La carta delle possibili traiettorie è ottenuta con un contatore delle traiettorie di caduta. In pratica ogni cella del modello indica il numero di traiettorie dei blocchi in caduta transitati, anche in volo, sulla sua verticale. Più elevato è il valore del contatore, maggiore è il numero di potenziali traiettorie che possono interessare una determinata cella, e di conseguenza è più elevata la condizione di pericolo ad essa associato.

La carta delle massime velocità indica invece, per ogni cella, la velocità massima calcolata lungo le traiettorie transitate, sia in volo sia al suolo.

La carta delle massime altezze da terra rappresenta infine, per ogni cella, la massima altezza da terra delle traiettorie di caduta. Ogni cella indica la massima differenza di quota raggiunta, sulla sua verticale, dai punti delle varie traiettorie transitate e la superficie topografica.

Le simulazioni effettuate hanno permesso di trarre le seguenti conclusioni:

  1. le principali traiettorie tendono a concentrarsi con maggiore frequenza verso gli impluvi naturali, i solchi d’erosione e le depressioni di origine antropica (vecchie cave abbandonate) presenti lungo il versante, che sono dunque da considerarsi come le aree a pericolo più elevato;
  2. un elevato numero di traiettorie raggiungono e superano la sottostante strada provinciale, arrivando ad intersecare alcuni manufatti di recente costruzione, con ciò significando che eventuali interventi di disgaggio dovranno essere oculatamente progettati;
  3. per gran parte dell’area esaminata le traiettorie di caduta raggiungono altezze massime inferiori ad 1.00 m (lasciando quindi supporre che il moto avvenga prevalentemente per rotolamento), mentre vengono bruscamente amplificate in corrispondenza delle rotture di pendio dove evidentemente seguono un vero e proprio volo;
  4. una parte significativa di traiettorie, che interessa la zona a SE dell’area sorgente potrebbero essere fermate a monte della stessa cava con interventi di sbarramento (barriere paramassi) che da soli, secondo l’altezza e la localizzazione suggeriti, intercetterebbero gran parte delle traiettorie di caduta che hanno dimostrato possedere maggiore velocità e quindi energia d’impatto.

Dalla relazione finale dello studio è stato infine estrapolato lo Studio di Compatibilità Geomorfologica da sottoporre all’Autorità di Bacino Regionale per il rilascio del necessario parere di competenza (lo studio ha infatti interessato aree a rischio di frana R4 ed R3 del PAI).

La richiesta ha ottenuto esito favorevole, e il lavoro è stato giudicato di "elevato livello di definizione e congruenza”, oltre che "corretto ed esaustivo per quanto riguarda l’inquadramento normativo degli interventi in progetto".

 

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